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sabato 26 settembre 2015

ONDA DEL MARE







Sei fragile
spiga dorata
che nel campo
ai piedi del mare
al vento ti pieghi.
Fruscii di foglie
monotono scorrere del tempo.
Libera l'anima
piccola spiga
mentre l'onda
s'infrange e muore
là sulla riva.
Si culla l'angoscia
nel ritmico rumore ondoso
e lentamente bagna
l'umida sabbia.
Eterno è il movimento
che m'accompagna
alla ricerca di deboli brezze
con le ciglia
ancora bagnate di pianto.

lunedì 21 settembre 2015

LA MOBILITA' DELLE COSE






Tutto è mobile
ci viene incontro
e ci lascia.
Stimola i sensi
Le cose camminano
noi le facciamo camminare
col pensiero
Attraverso nuvole
e vapori di presente
in una violenta percezione
Il mio sguardo ruota
su ogni punto cardinale
le mie narici
si rivolgono al cielo
annuso gli odori i profumi
Rimescolio di interiori sussurri
sospeso è ogni movimento
Un attimo
Il poeta canta i suoi inni
già in accordo col mondo
tutto in un istante
Non vi è più trucco
nè maschera 
si va a braccio.

domenica 20 settembre 2015

BARCHE CAPOVOLTE






Un'anima senza amici
chiese di esser conosciuta
ma fu ingannata
All'unisono grida sommesse
in un concerto funebre
e bisbigliavano le foglie
Quasi un chiacchericcio
di anime morte
ai margini di un sogno
Volere tanto 
e non poterlo avere.
Camminare 
in cerca di occhi
che accarezzino il viso
Occhi che entrano nell'intimo
e scuotono l'anima
Leggere ombre
mi rapiscono
per trascorrere
con me le ultime ore.
Un caldo fiato
sfiora il collo
ma è un flusso nell'oscurità
Risuona alle mie orecchie
come una voce
nell'alta marea
ma vedo solo 
barche capovolte.


Gianni Gualmini
20/09/15

venerdì 18 settembre 2015

CAMMINARE





Camminare è un’azione naturale e liberatoria, fa bene al corpo e all’anima. Crea uno spazio per il pensiero, camminando è facile fare delle riflessioni e quindi, anche se appare contraddittorio, si tratta di azione e interruzione allo stesso tempo, proprio per la sua caratteristica di durare in un tempo utilizzato solo per … andare, non per lavorare, né per fare altro. Siamo fatti per camminare, per andare avanti. Voltarsi indietro significa andare contro natura, i nostri occhi e le nostre gambe sono orientati nello stesso verso, in direzione di quello che ci aspetta subito dopo, passo dopo passo. Il passo di danza che nasce da una caduta è troppo poetico per me che sono una ex danzatrice e lo penso solo come un evento fisico probabile, lo devo riportare ad una dimensione riflessiva per capire che sì, effettivamente le cose migliori nascono dalle imperfezioni, a volte, molto spesso, dal dolore.

GENERI LETTERARI




“È straordinario l’appeal di cui il genere letterario poesia continua ancora a godere tra i giovani, malgrado i vari sbertucciamenti che prende da tutte le parti. Fino a Montale e a Luzi i senatori a vita venivano scelti anche tra i poeti. Oggi è ormai impensabile: dopo che Fernanda Pivano ha dichiarato che i veri poeti sono De André e Jovanotti, è evidente che i mass-media stanno seguendo quella linea. Negletta è quindi la poesia dei ragazzi che scrivono oggi per i Quaderni rispetto ai tempi miei, che già erano negletti rispetto ai tempi precedenti. Non c’è stata diminuzione qualitativa, ci tengo a ripeterlo: c’è stata invece una crescita della disattenzione, anche da parte della classe media, di quei notai e quei dentisti che fino a qualche generazione fa credevano di dover conoscere i nomi di almeno due, tre poeti viventi, e che oggi li ignorano bellamente a vantaggio dei cantautori. Pur essendo diventata la poesia sempre più un fenomeno autoreferenziale e di nicchia, è però straordinaria la pervicacia dei giovani nel continuare a praticarla, e a vedere nell’immagine di sé come poeta una forma di realizzazione o almeno di definizione.”
[…]
Recentemente in un incontro a Roma con Mazzoni, Cortellessa, Ostuni, Ottonieri e Giovenale, si discuteva amabilmente della sparizione dell’io in poesia. E c’erano diversi giovani che ascoltavano assai attenti, molto interessati al tema. A tale proposito mi trovai a dire che il problema non è quello di sottolineare liricamente o cancellare sperimentalmente l’io in poesia: il problema è invece quello del soggetto, che cosa tu vuoi dire in poesia, dove e come ti “detta dentro”. […] È il soggetto – quello che “mi detta dentro” – a far sì che si possa scrivere in modi tanto diversi. Personalmente non sono né un fautore della sparizione dell’io […], né un fautore della presenza dell’io […]. Che cosa è allora davvero importante? Non tanto l’esercitarsi a scrivere poesia con o senza l’io, ma decidere bene di che cosa vogliamo parlare, qual è il progetto che abbiamo in mente, che cosa – anceschianamente – vogliamo ottenere con un libro di poesia. Tutto il resto è ancillare, è orpello.
Stiamo tanto a parlare di un pronome, di qualche cosa che sta al posto di qualche altra cosa: ma non ce ne può importare di meno!
[…]
“Mi trovo a invidiare chi scrive poesia in lingua inglese e può pubblicare poesia sulla prima pagina di un giornale. Tony Harrison, per citare un amico, per anni è stato sulle prime pagine dei quotidiani inglesi scrivendo sui fatti del giorno, ma in poesia. È evidente che noi, con un percorso storico che viene da Bembo, e con la lingua che ci troviamo, non possiamo permettercelo.”
Pubblicato in critica letteraria

ESERCIZI DI AUTOESEGESI





esercizi di autoesegesi
La poesia “Alba a Fonte Avellana”, che ho postato qualche giorno fa, in realtà era nata in una forma un po’ diversa.
Questa:
Tutto
fosse così semplice
come è pulito l’orlo delle foglie
aggredite dal vento
come è spaziosa la luce
sul diapason dei tronchi.
Dov’è la fame?
Si è fermato il sangue
l’indaco ha invaso la roccia.
Dove era la voce ha gemmato
il silenzio.
Le differenze non sembrano sostanziali, ma in realtà rileggere le due versioni mi chiarisce molte cose che sto cercando di inseguire negli ultimi tempi.
Innanzi tutto, la poesia è nata da una sensazione acustica: svegliarmi una mattina presto, nel bellissimo luogo citato dal titolo, e sentire il vento tra le fronde degli alberi. Quel che mi ha colpito, in particolare, è stato il suono in sé, così diverso da quello a cui sono abituato.
In città, il vento è sempre incanalato tra due pareti verticali, più o meno alte. La compressione gli conferisce una tonalità acuta, petulante, a volte quasi isterica. Qui, invece, si trattava di un’enorme massa d’aria, che scendeva dritta dai fianchi del monte Catria e andava ad investire un vasto fronte di boschi, mettendolo in risonanza come uno smisurato diapason. Il risultato era potente, maestoso, simile a un colossale bordone d’organo che si estendeva dal grave all’acuto, senza soluzione di continuità.
Allo stesso tempo, mi colpiva la nudità monastica del luogo, il silenzio su cui quel suono si installava. Tutte sensazioni nuove, o perlomeno dimenticate da lungo tempo. Sono partito da questa associazione di idee e la poesia è venuta fuori come la vedete nell’originale, in versi liberi.
Però, c’era qualcosa che non andava.
Innanzi tutto, il primo e l’ultimo verso, con quegli enjambement così ostentati, quasi civettuoli, quelle parole isolate nel verso. No, proprio non ci siamo.
Poi, a ben guardare i versi sono liberi fino a un certo punto. “Com’è pulito l’orlo delle foglie” è un endecasillabo perfettamente canonico; “aggredite dal vento” e “sul diapason dei tronchi” sono settenari; “dove era la voce ha gemmato” è un novenario, per di più con due evidenti ricordi pascoliani (“Dov’era la luna? Ché il cielo / notava in un’alba di perla”, da L’assiuolo, e “Gemmea l’aria, il sole così chiaro”, da Novembre). Per non parlare di “Dov’è la fame? / Si è fermato il sangue”, che è un altro endecasillabo, sebbene spezzato in due emistichi.
Insomma, c’era una tensione non risolta tra verso libero e forme regolari.
Allora ho riorganizzato la poesia. Ho tolto i due enjambement, all’inizio e alla fine, e ho riarrangiato i versi in due quartine precedute da un verso introduttivo. Oltretutto, ora entrambe le strofe presentano una simmetria interna: la prima con l’anafora del “come”, la seconda con i tre versi dalla sintassi parallela (“si è fermato”, “ha invaso”, “ha gemmato”), del tutto conclusi in sé stessi. Ho anche eliminato la ripetizione del “dove”, lasciando solo il primo dei due.
Ora il tutto mi sembra più solido, più strutturato. Più classico, in un certo senso. E anche più rispondente al tema, che è un’esperienza di quiete, bellezza, oserei dire di misticismo.
Ordine, regolarità, struttura, sono idee che ritornano in vario modo nelle cose che ho scritto ultimamente. Il misticismo in effetti no, ma chissà.
(Poi, quale delle due versioni sia la più riuscita, lo lascio al giudizio del lettore).
Pubblicato in critica letteraria, poesie mie

mercoledì 16 settembre 2015

VOLARE QUA E LA'










Il violino deve suonare piano. Occorre molto silenzio perchè la malinconia fa male alla pelle. Ho il sangue alterato e me lo sono sudato tutto. Ne èrimasta una sola goccia che mi rimbomba dentro. Vorrei prendermi per i capelli;respirarmi tutta la vita possibile.
Ho il collo scuro, gli occhi castani, la testa in perenne tumulto, come ighiacciai ma calda calda che brucia le unghie se la sfiori.
Quando vedo lei anche solo da una fotografia, mi prende un blocco qui allostomaco, una vertigine, come se migliaia di farfalle in sincronia volasserodentro di me. E mi viene il solletico e viene anche da ridere e non so perchè.
Allora sorrido e m'imbarazzo, divento rosso perchè ho paura che lei lefarfalle me le possa vedere dentro e vado via perchè ho vergogna a mostrarmicosì esposto e fragile.
Ma lei mi guarda? Non so. Io sì la guardo, la penso. Vorrei stringere lesue mani fra le mie per farle capire...Capire cosa? Non so.
E mi chiedo di cosa io ho bisogno.
Ho bisogno di vivere ma non pensare. Tutto il nostro fare ha di singolare che lo facciamo perchè viviamo. Quando si pensa troppo si muore di pensiero.
Forse per questo la vita vissuta è quella scordata, tra un momento e un momento, ma nulla importa che lo sia o che smetta di esserlo.
E' un male essere retti dalla morale, ed è un bene che nessuno ci veda.
Ricordare? Il passato non tornerà mai più. Non siamo quello che ci ricordiamo, noi siamo "adesso", attimo dopo attimo. Vivere nel presente, in perfetta unione. Ricordarsi di tutto non significa tutto il passato.
La separazione è la sensazione che si avverte man mano che si cresce, quel senso di sentirsi separati da tutto ciò che ci circonda. Quando si prende coscienza che le cose non stanno proprio così, ci si trova solo all'inizio di un percorso di crescita. Spesso la separazione è già nel pensiero, semplicemente perchè si fatica a vivere nel presente.
Meno male che stanotte non vi è luna, meglio rifletto nel grande spazio dell'inesistenza. Un inesistente freddo ha imprigionato l'anima. Anche tu non esisti più.



Nella fredda sera,
silenziosi fiocchi
si appoggiano
soffici sui vetri
e disegnano
la tua ombra.

Sei la più cruda
delle donne
a me care.

Sai, non m'importa più
 se mi hai sorriso,
se mi hai amato.

Sei ombra 
e lieve mi appari
nella profondità di un pozzo.

sabato 12 settembre 2015

IL MIO IO






Nell'andare
spesso incontro il mio Io
e lo devo assolutamente salutare.
Non ho più timore
delle gallerie ...
piene di specchi
che adornano
molte strade del mondo.
M'ispira la lentezza
e ne ho fatto l'elogio.
Non-ansia.
Persino gli angeli
vanno a zonzo
nell'intervallo
delle loro faccende celesti
perdipiù suonando musica.

venerdì 11 settembre 2015

IL MIO SANTUARIO







Sono un filosofo
di strada,
inizio un pellegrinaggio
senza speranza
di ritrovare divinità.
Mi fermerò un giorno prima
di raggiungere il santuario,
che per la mia profana coscienza
è l'apice senza ricompensa.Guarderò
in alto e ai bordi della via
immaginando un bivio.
Desiderio di fuggire
il mondo desolato
e mi confonderò
con un fico
portatore di frutti
che si aprono
come una bocca,
come il sesso di una donna,
per fuggire nel silenzio
e non dire niente
perchè il camminare
è raccontarsi tacendo.

giovedì 10 settembre 2015

IL CAMMINO







Il mio camminare
si carica di nostalgia
come un amore
che ha tradito.
Ferita inferta
al corpo e alla dignità.
Mutato è il mondo,
speranza che lo stallo
sia provvisorio e mutabile.
Spesso si disegna
la certezza del declino
graduale, irreversibile.
Il dolore è interiore.
E allora fuggi.
Incedi a caso
senza una precisa meta.
Hai fretta di allontanarti
da un luogo.
Soffri salendo le scale,
nel sollievo di ridiscenderle,
svoltando a un crocevia,
nel rincorrere qualcuno,
o nella paura di essere inseguito.
Inizia la profana cultura
del vagabondaggio.
Finchè non inventi
un personale linguaggio
dove le erbe ti curano,
i sassi tornano a parlare,
gli uccelli, i pesci, gli insetti
riprendono a dialogare.
Si cammina sempre
con lo sguardo
proteso in avanti,
affidandosi ai propri occhi
o a quelli degli altri
quando ancora
non ci si possa affidare

a se stessi.

mercoledì 9 settembre 2015

LANGUIDI VERSI








I miei versi scaturiscono
vulcanici e algidi,
come lava raffreddata
che si muove lentamente
nascondendo la rabbia.
E stendono un pietoso velo
su stanche membra.
Le ombre cadono
e si muovono.
Come alberi che mostrano
l'argento delle foglie
capovolte dal vento.
Ci raggiunge il crepuscolo
con doma, sinuosa
e impavida magia
intanto che vive nei tuoi occhi
un verde orientale.
Più vicino:
respiro del mio respiro
non scostare da me
le tue membra frementi
che la mia pena
sia il loro folle pasto.

lunedì 7 settembre 2015

IL MOLO







Al molo
riposa il battello.
Un gabbiano
superstite di battaglie
e voli d'amore
sta rigido
sull'albero maestro.
Ha penne argentate
come canuti capelli
di un vecchio lupo di mare.
E' solo, non si strazia.
Invano attende un richiamo,
una chimera, un segnale
che mai più giungerà.
...E attende

venerdì 4 settembre 2015

CADE LA FOGLIA







Questa poesia è stata composta da Simona Maggiore( che ringrazio!) e Gianni Gualmini in un momento di folle estasi poetica! 



Recisa la placenta...
inizia la danza
silenziosa, solitaria
senza accelerazioni.

Volteggia fluttuando,
sospesa nel vuoto.
Spira librandosi
estranea al presente.

Scendendo si riflette
in pochi fotogrammi,
in piccole sorelle
la sua breve, intensa vita.

Gianni e Simona.

giovedì 3 settembre 2015

UN VAGO CHIARO DI LUNA








Melliflui passi
in un'avvolgente bruma
ombra senza memoria.
Vagare da soglia a soglia
Inutili ore
oppresse da nostalgia,
unica padrona
della speranza.
Sordo fluttuare
dell'esser mio.
Vago chiaro di luna
fu la mia soglia
Una porta s'aprì
e l'ansia si placò.
Si congiunsero le follie.