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martedì 19 gennaio 2016

ANCHE LE STELLE MUOIONO







E' sparito lo spazio dove un tempo ci si sedeva. Ma fintanto che esistono due scarpe si può stare in piedi. Il tempo è più grande dello spazio. Lo spazio è la cosa e il tempo è l'idea della cosa.
La vita è la forma del tempo. Tutto si coagula. Anche le onde, il suolo, Sembra che la terra non sia rotonda ma lunga. L'onda si frange sulla sabbia come rughe sulla fronte. Terra e onde sono più corte della fila dei giorni e delle notti. Poi è fitta nebbia.
Cento volte più lunghi sono i pensieri della vita e della morte. Più lungo assai è il pensiero del Nulla. Ma laggiù è impossibile che l'occhio possa arrivare.
Soltanto nel sogno è concesso agli occhi di abituarsi alla casa. Sogni profetici o malefici a seconda di chi dorme.

Rive deserte e piazza vuota. Uno scordato pianoforte accompagna in sottofondo l'incerto ballo delle maschere.
Come posso cantare le dolcezze del mondo di cui era colmo il cuore se ho la gola piena di gemiti? Come posso concedermi a queste ore, di cui mi è sorella la musica, se qualcosa mi uccide le parole e mi ruba le note.?.
L'amore, i dolci ricordi, le festose serate: tutto si disperde.

E le stelle muoiono.

Tento di riaccendere tutte le luci del mio abitato per snidare i fantasmi pietrificati e risoluti a rimanere con me e nel mio mondo, così ben delineato ad ogni passo di un cammino ostacolato e tormentato come lo può essere un'impervia mulattiera dell'esistere.
Illusione di essere riamati allo stesso modo di come una rondine crede alla primavera. La migrazione interiore, che sin da tempi passati, valica la vita, duna dopo duna, è ben lontana dall'apprestarsi ad attraversare traguardi di fine della sofferenza.
Sommesso tramestio di lievi pensieri, descrizioni del reale, lento cadere di una foglia , accostamento metaforico a una parte di me che se ne sta andando. Illusione di speranze, di dolcezze che parevano approssimarsi fra le pieghe di un vestito nuovo, fraganza e sapore del frutto vivo e così pieno di tutti i miei ieri.
Elimino tutte le velature che tendono ad oscurare la luna, per renderla più luminosa, perchè come la luna, mi sento protagonista di tutte le ore che vivo, accatastando pensieri su pensieri, congetturando su palpiti ormai sopiti e su favole senza lieto fine.
Vorrei assomigliarle, attento alla oscura insidia che ogni notte mina il nitido chiarore della sincerità. Coniugo innocenza e contaminazione. Esprimo  l'incanto quotidiano di forze della natura attraversate purtroppo da germi di corruzione, delle stagioni che si chiudono in se stesse per aprirsi come corolle solari al richiamo della rinascita vegetale, delle costellazioni che alternano, col loro freddo ribrillare, metafore siderali ed esplosioni stellari dense di calore e di sconvolgimenti, fino a concentarsi nel microcosmo dell'anima, creando una minuscola foglia sospinta da una forza rigenerante della sua verde linfa.
La mia innocenza non è solo quell'aria da bambino un po' scontroso, quel mio arrendersi allo sconforto per allontanare l'idea di un coinvolgimento altrettanto letale nella vita da adulto che è consumazione quindi pensiero stesso di finitezza del mondo delle cose, degli affetti ed appunto negli interstizi di queste cose scopro la tana del tarlo che rode a poco a poco questa mia innocenza.

Anche le stelle muoiono.




Senza parole 
senza fiato.
Senso di frustrazione.
Ti senti impotente
all'abbandono.

L'amore spesso
ti ruba la dignità.
Ma a che serve perderla
se poi ti senti vuoto
e non t'interessa più nulla?

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